mercoledì 22 dicembre 2010

Con amore

E quindi come deve comportarsi una mamma? Se non è giusto che la mamma si preoccupa cos’è che dovrebbe fare?
Dovrebbe agire con amore...

...senza ansia
...senza preoccupazione
...senza indifferenza
...senza inutili sensi di colpa
...senza (un travisato) senso di responsabilità
...senza pensare al giudizio degli altri ma seguendo il proprio istinto
...

Preoccuparsi

Ultimamente il mio bimbo è stato spesso malato e questo mi ha creato grande preoccupazione per il suo stato di salute.
Mi sono accorta che questo stato d’animo non sortiva nulla di buono né per lui né per me ed ho provato a cercare il significato della parola preoccupare.
Dal sito della Treccani trovo che il termine deriva dal latino occupare prima e può significare sia predisporre una persona a un determinato convincimento o atteggiamento, condizionarne il modo di pensare e di agire sia mostrare cura e sollecitudine per un motivo o per un fine.
Tra le tante varianti ho scelto questi tre significati perché descrivono esattamente come si sono evoluti i pensieri negativi e ansiosi nel mio caso.
All’inizio i pensieri occupano la nostra mente prima che riusciamo a verificare lo stato delle cose poi condizionano il nostro modo di pensare e di agire fino al punto di essere travisati così tanto da diventare la dimostrazione di cura e sollecitudine per qualcuno di fronte agli altri.
L’ansia si è insinuata nei miei pensieri, ha preso possesso delle mie azioni (e i bambini che sono sensibili se ne accorgono) e in tutto ciò mi sentivo pure legittimata perché ci hanno insegnato che la mamma si preoccupa.
E guai se non lo facesse! Si penserebbe che non sia interessata al benessere del suo bambino, senza vedere che questa preoccupazione ci fa solo sentire apposto con la coscienza (perché le mamme si comportano così) ma l’unico effetto che ha è solo quello di peggiorare la situazione.
Quando mi sono accorta di questo, con molta difficoltà ho cercato di reagire alle richieste di mio figlio eliminando l’ansia che inutilmente mettevo (e che incredibilmente scambiavo per amore, o meglio sollecitudine) e ho notato che anche se in superficie mi sembrava di comportarmi allo stesso modo in realtà l’approccio era ben diverso.
Ad esempio se il mio bimbo voleva essere allattato io lo accontentavo subito (preoccupandomi di soddisfarlo) e a volte lui reagiva graffiandomi e tirando il seno.
Da quando ho cercato di togliere quel velo d’ansia che prima non mi accorgevo di mettere, ogni volta che riuscivo a farlo, il mio bimbo non mi ha più graffiato ed anzi mi accarezzava il viso e questa per me è stata la riprova che la preoccupazione non serve a niente ma è solo una costruzione della nostra società.

giovedì 16 dicembre 2010

Tutti i no aiutano a crescere?

18 mesi sono un’età particolarmente difficile da gestire.

Il bimbo inizia a comprendere ed eseguire le istruzioni che gli vengono date tipo prendimi quel libro, metti il cucchiaio nel lavandino,... ma sembra non capire i divieti.
Se gli si dice di non fare qualcosa, lui la fa, come se la richiesta gli fosse stata posta in positivo.
E’ come se quando gli si dicesse di non fare una certa cosa il bambino non capisca o ignori il significato della parola non.

Dopo essermi accorta di questa cosa ho cercato di sostituire le frasi contenenti una negazione con frasi al positivo che mi dessero il risultato sperato.
Ad esempio, invece ho sostituito Non buttare la forchetta per terra con Metti la forchetta nel lavandino in modo che dopo aver finito la pappa invece di buttare le posate si abituasse a mettere nel lavandino e la cosa mediamente funziona (dico mediamente perché qualche strappo alla regola capita).

Ovviamente non tutto è risolvibile in questo modo e sicuramente ci sono dei divieti che devono essere espressi chiaramente e cercare di farli comprendere correttamente magari indicando le conseguenze (ad esempio per evitare che il mio bimbo beva o rovesci una tazza con liquido bollente gli faccio toccare il manico o l’esterno e lui capisce che è calda e pericolosa) però sulle piccole cose alle quali questa idea è applicabile è sicuramente un modo interessante per comunicare con il proprio piccolo.

mercoledì 1 dicembre 2010

Ci sono cascata anch’io...

…Ebbene sì, lo ammetto: ci sono cascata anch’io!
Settimana scorsa dando la pappa della sera al mio bimbo che ogni tanto smetteva di mangiare per indicare la porta in attesa che arrivasse il suo papà gli ho detto Quando finisci di mangiare tutto  il papà arriva.
E lui - grazie a questo escamotage - si è mangiato tutta la pappa d’un soffio.
Purtroppo con i bambini spesso viene la tentazione di fare giochetti di questo genere. Nel mio caso la cosa è nata dalla semplice osservazione del fatto che mio marito sarebbe arrivato a casa dopo una mezz’ora (quindi sicuramente dopo la pappa) e dalla curiosità di scoprire (visto che non parla ancora) se il mio bimbo capiva cosa gli stavo dicendo.
Può sembrare un gioco divertente e innocente, anzi gratificante per il papà per la cui presenza il bimbo è disposto a mangiare tutta la pappa in fretta pur di vederlo… ma il problema è proprio questo strumentalizzare l’affetto e la voglia di stare con il papà per ottenere che il bimbo finisca la pappa senza troppe divagazioni.
Ripensando alla reazione del mio bimbo ho capito che è vero che con i bambini bisogna stare attenti a misurare le parole e non scherzare mai . I bambini prendono sempre sul serio ciò che gli si dice e non è giusto ingannarli in questo modo perché ciò che per noi è uno scherzo per loro è una realtà,  e si svilisce la loro intelligenza e si creano false aspettative (che se vengono disattese creano delusione).
Con questo non voglio essere troppo dura nei miei confronti o di chi gioca in questo modo con i bimbi ma voglio dare uno spunto di riflessione.
Se oggi scherziamo così per fargli mangiare la pappa domani cosa sarà? Quando saranno più grandi quali escamotage troveremo per fargli fare i compiti, farci ubbidire, etc… ma soprattutto quali messaggi gli passeremo implicitamente se non si comportano in un certo modo?
Non è tanto lo stratagemma in sè quanto la catena causa-effetto che questa scatena e le convinzioni ad essa legate che il bimbo/ragazzo si troverà a costruire di conseguenza e che influenzeranno il suo modo di agire e di rapportarsi con il mondo e le altre persone.
Succede a tutti per un motivo o per l’altro di fare questi errori l’importante è trarne un insegnamento e cercare la prossima volta di evitarli.