mercoledì 22 dicembre 2010

Con amore

E quindi come deve comportarsi una mamma? Se non è giusto che la mamma si preoccupa cos’è che dovrebbe fare?
Dovrebbe agire con amore...

...senza ansia
...senza preoccupazione
...senza indifferenza
...senza inutili sensi di colpa
...senza (un travisato) senso di responsabilità
...senza pensare al giudizio degli altri ma seguendo il proprio istinto
...

Preoccuparsi

Ultimamente il mio bimbo è stato spesso malato e questo mi ha creato grande preoccupazione per il suo stato di salute.
Mi sono accorta che questo stato d’animo non sortiva nulla di buono né per lui né per me ed ho provato a cercare il significato della parola preoccupare.
Dal sito della Treccani trovo che il termine deriva dal latino occupare prima e può significare sia predisporre una persona a un determinato convincimento o atteggiamento, condizionarne il modo di pensare e di agire sia mostrare cura e sollecitudine per un motivo o per un fine.
Tra le tante varianti ho scelto questi tre significati perché descrivono esattamente come si sono evoluti i pensieri negativi e ansiosi nel mio caso.
All’inizio i pensieri occupano la nostra mente prima che riusciamo a verificare lo stato delle cose poi condizionano il nostro modo di pensare e di agire fino al punto di essere travisati così tanto da diventare la dimostrazione di cura e sollecitudine per qualcuno di fronte agli altri.
L’ansia si è insinuata nei miei pensieri, ha preso possesso delle mie azioni (e i bambini che sono sensibili se ne accorgono) e in tutto ciò mi sentivo pure legittimata perché ci hanno insegnato che la mamma si preoccupa.
E guai se non lo facesse! Si penserebbe che non sia interessata al benessere del suo bambino, senza vedere che questa preoccupazione ci fa solo sentire apposto con la coscienza (perché le mamme si comportano così) ma l’unico effetto che ha è solo quello di peggiorare la situazione.
Quando mi sono accorta di questo, con molta difficoltà ho cercato di reagire alle richieste di mio figlio eliminando l’ansia che inutilmente mettevo (e che incredibilmente scambiavo per amore, o meglio sollecitudine) e ho notato che anche se in superficie mi sembrava di comportarmi allo stesso modo in realtà l’approccio era ben diverso.
Ad esempio se il mio bimbo voleva essere allattato io lo accontentavo subito (preoccupandomi di soddisfarlo) e a volte lui reagiva graffiandomi e tirando il seno.
Da quando ho cercato di togliere quel velo d’ansia che prima non mi accorgevo di mettere, ogni volta che riuscivo a farlo, il mio bimbo non mi ha più graffiato ed anzi mi accarezzava il viso e questa per me è stata la riprova che la preoccupazione non serve a niente ma è solo una costruzione della nostra società.

giovedì 16 dicembre 2010

Tutti i no aiutano a crescere?

18 mesi sono un’età particolarmente difficile da gestire.

Il bimbo inizia a comprendere ed eseguire le istruzioni che gli vengono date tipo prendimi quel libro, metti il cucchiaio nel lavandino,... ma sembra non capire i divieti.
Se gli si dice di non fare qualcosa, lui la fa, come se la richiesta gli fosse stata posta in positivo.
E’ come se quando gli si dicesse di non fare una certa cosa il bambino non capisca o ignori il significato della parola non.

Dopo essermi accorta di questa cosa ho cercato di sostituire le frasi contenenti una negazione con frasi al positivo che mi dessero il risultato sperato.
Ad esempio, invece ho sostituito Non buttare la forchetta per terra con Metti la forchetta nel lavandino in modo che dopo aver finito la pappa invece di buttare le posate si abituasse a mettere nel lavandino e la cosa mediamente funziona (dico mediamente perché qualche strappo alla regola capita).

Ovviamente non tutto è risolvibile in questo modo e sicuramente ci sono dei divieti che devono essere espressi chiaramente e cercare di farli comprendere correttamente magari indicando le conseguenze (ad esempio per evitare che il mio bimbo beva o rovesci una tazza con liquido bollente gli faccio toccare il manico o l’esterno e lui capisce che è calda e pericolosa) però sulle piccole cose alle quali questa idea è applicabile è sicuramente un modo interessante per comunicare con il proprio piccolo.

mercoledì 1 dicembre 2010

Ci sono cascata anch’io...

…Ebbene sì, lo ammetto: ci sono cascata anch’io!
Settimana scorsa dando la pappa della sera al mio bimbo che ogni tanto smetteva di mangiare per indicare la porta in attesa che arrivasse il suo papà gli ho detto Quando finisci di mangiare tutto  il papà arriva.
E lui - grazie a questo escamotage - si è mangiato tutta la pappa d’un soffio.
Purtroppo con i bambini spesso viene la tentazione di fare giochetti di questo genere. Nel mio caso la cosa è nata dalla semplice osservazione del fatto che mio marito sarebbe arrivato a casa dopo una mezz’ora (quindi sicuramente dopo la pappa) e dalla curiosità di scoprire (visto che non parla ancora) se il mio bimbo capiva cosa gli stavo dicendo.
Può sembrare un gioco divertente e innocente, anzi gratificante per il papà per la cui presenza il bimbo è disposto a mangiare tutta la pappa in fretta pur di vederlo… ma il problema è proprio questo strumentalizzare l’affetto e la voglia di stare con il papà per ottenere che il bimbo finisca la pappa senza troppe divagazioni.
Ripensando alla reazione del mio bimbo ho capito che è vero che con i bambini bisogna stare attenti a misurare le parole e non scherzare mai . I bambini prendono sempre sul serio ciò che gli si dice e non è giusto ingannarli in questo modo perché ciò che per noi è uno scherzo per loro è una realtà,  e si svilisce la loro intelligenza e si creano false aspettative (che se vengono disattese creano delusione).
Con questo non voglio essere troppo dura nei miei confronti o di chi gioca in questo modo con i bimbi ma voglio dare uno spunto di riflessione.
Se oggi scherziamo così per fargli mangiare la pappa domani cosa sarà? Quando saranno più grandi quali escamotage troveremo per fargli fare i compiti, farci ubbidire, etc… ma soprattutto quali messaggi gli passeremo implicitamente se non si comportano in un certo modo?
Non è tanto lo stratagemma in sè quanto la catena causa-effetto che questa scatena e le convinzioni ad essa legate che il bimbo/ragazzo si troverà a costruire di conseguenza e che influenzeranno il suo modo di agire e di rapportarsi con il mondo e le altre persone.
Succede a tutti per un motivo o per l’altro di fare questi errori l’importante è trarne un insegnamento e cercare la prossima volta di evitarli.

giovedì 18 novembre 2010

L’illusione del controllo

Qualche settimana fa mi è capitato di rivedere in tv Kung Fu Panda che secondo me oltre ad essere un film molto divertente e colorato contiene alcuni spunti interessanti per ogni età.
La cosa che mi ha colpito è che quando ho visto per la prima volta il film (non ero ancora mamma) ho colto degli insegnamenti (in particolare quelli che impara il Panda) e ora che ho un bimbo ho colto quelli del suo maestro.
E’ interessante notare come cambiando il mio ruolo da figlia a madre automaticamente sia cambiata anche la mia prospettiva nell’ immedesimarmi nei personaggi di libri o film. E’ stato come se la prima volta non avessi nemmeno sentito le frasi che stavolta mi sono balzate immediatamente all’orecchio.
In particolare la scena che ho più apprezzato è stata quella in cui l’anziano maestro parla con il nuovo de l’ illusione del controllo ovvero del fatto che le aspettative del maestro (o dei genitori) non hanno alcuna influenza su quello che diventerà un giorno l’allievo (o il figlio).
Se pianti un seme di pesco nascerà un pesco e non potrai fare niente per far nascere qualcosa di diverso.
Questo secondo me è vero anche nell’ educazione dei figli, a qualsiasi età anche di quelli piccoli come il mio. Credo che per noi occidentali sia difficile capire fino in fondo il significato di queste parole perché siamo ancorati ad una mentalità che tende a vedere gli estremi in contrapposizione fra loro e non come parti diverse di una stessa cosa.
Lasciare che il seme porti a termine il suo compito non significa abbandonarlo a sé stesso, non imporre alcuna regola e non indicare nessun cammino. Bisogna cercare di sforzarsi ad intravedere l’aspirazione della persona (accantonando le nostre aspettative) e adeguare i nostri insegnamenti al cammino del figlio, tenendo sempre in primo piano i suoi obiettivi.
Quando i bimbi sono piccoli questo significa ascoltare le loro esigenze senza sottovalutarle e soddisfarle se appena ci è possibile (dormire nel lettone, tenerli in braccio se hanno bisogno di più coccole,..).
Sicuramente sarà un compito più difficile quando diventeranno grandi, la mia speranza è di ricordarmi sempre ciò che scrivo ora e di saperne essere all’altezza quando verrà il momento.

mercoledì 10 novembre 2010

Quando un bimbo fa i capricci...

La questione capricci  è sicuramente sempre molto delicata.
Sono sicura che da piccolissimi fino all’anno circa dire che un bimbo fa i capricci è serve per cavarsela in modo sbrigativo di fronte ad un pianto che non si riesce a giustificare altrimenti.
A quell’età i bimbi hanno dei bisogni che vanno soddisfatti e ogni pianto è una richiesta, al massimo siamo noi che non abbiamo tempo di dedicare l’attenzione necessaria per cercare di capire la causa della lamentela.
Per altro spesso siamo portati a pensare che i bisogni del bambino siano solo di tipo fisico (mangiare,dormire, essere cambiato) e per qualche strano motivo tendiamo a non classificare come necessità tutti i bisogni affettivi come essere preso in braccio, coccolato, voler dormire con i genitori…
Tutte cose che per la crescita di un bambino sono in un certo senso più importante delle cure fisiche ma vengono sottovalutate.
Ultimamente sono un po’ combattuta sull’argomento perché ci sono momenti in cui il mio bimbo di un anno e mezzo fa i tipici capricci e quindi cerco di non cedere alle sue richieste.
Poi però mi chiedo chi abbia davvero ragione…
Riflettendoci un attimo mi sono accorta che ogni volta che fa un capriccio di quelli veri è perché in quel momento non abbiamo tempo di dargli retta perché abbiamo altro da fare o semplicemente siamo stanchi della giornata e non abbiamo più energie da dedicare per giocare con lui.
Purtroppo il tempo a disposizione, soprattutto se si lavora, è sempre poco e ci sono momenti in cui è non è proprio possibile dare l’attenzione che i bimbi richiedono.
E’ però importante riconoscere il loro bisogno di attenzioni e non sottovalutarlo passandolo solo come un capriccio.

martedì 5 ottobre 2010

Dormire, mangiare? Insieme è più facile

Oggi le librerie sono piene di volumi che insegnano metodi efficaci per far in modo che i bambini si abituino alle attività basilari della vita come mangiare e dormire.
Sembra quasi assurdo che certe cose si debbano imparare, eppure è un problema con cui tutti i neo genitori prima o poi si scontrano.
Anche se un bimbo non ha particolari problemi, prima o poi capita il momento in cui queste cose risultano più difficoltose ed inevitabilmente ci si interroga sul da farsi.
 Per esperienza personale ho scoperto che il mio bimbo preferisce fare le cose in compagnia.
A volte la sera non mangiava e dopo una battaglia a colpi di pappa lanciata ovunque finiva per cenare solo con un po’ di latte.
A parte i casi in cui l’inappetenza era dovuta a primi sintomi di malattia, con l’andare del tempo ho notato che tendeva a voler assaggiare la nostra cena, e non solo! Anche se gli preparavo lo stesso cibo a volte preferiva consumarlo quando tutta la famiglia era riunita a tavola.
 La scelta di farlo mangiare prima di noi era legata alla preparazione di una pappa apposta per lui e al non farlo cenare troppo tardi.
Ora invece devo dire che il fatto di aver raccolto tutti a tavola insieme ha portato notevoli vantaggi: il bimbo mangia soddisfatto, io preparo una cosa uguale per tutti e anche noi mangiamo più sano perché utilizzo molta verdure e limito sale e condimenti.
 Sull’argomento nanna quando il mio bimbo a cinque mesi non ha più voluto spostarsi dal suo lettino ed è passato nel lettone.
Grazie alla comprensione di mio marito che non ha avuto nulla in contrario, non mi sono mai sentita troppo permissiva per questo.
 Il dubbio però è sempre dietro l’angolo e ogni tanto mi chiedevo se non dovessi essere più rigida e cercare di insistere di più per farlo dormire da solo.
Dopo un po’ di osservazione e alcune riflessioni sono giunta alla conclusione che non c’è tutta questa fretta e che possiamo aspettare che lasci il lettone quando si sente pronto.
 Dopotutto dormire insieme non crea problemi a nessuno di noi tre, per non dire che se il bimbo si sveglia durante la notte, è subito confortato dalla nostra presenza e si riaddormenta subito.
Negli ultimi tempi si addormenta presto la sera per cui si riesce a metterlo nel suo lettino e si trasferisce nel lettone solo se si sveglia durante la notte.
 Un’altra ragione per cui ho deciso di non imporgli il lettino è che da quando il bimbo frequenta il nido (stando fuori casa la bellezza di 9 ore) ha più bisogno di contatto, anche durante la notte, e soddisfacendo questa necessità accetta più volentieri il fatto di essere portato al nido al mattino.
 Mi rendo conto che le situazioni sono molte e diverse e forse le soluzioni che ho trovato io non possono andare bene per tutti (tipo se cenate alle 10 di sera e/o se non riuscite a dormire con il bimbo nel letto).
Il mio obiettivo è invece di raccontare la mia esperienza e aiutare quelle mamme che sono giunte alle mie stesse conclusioni ma non sono sicure di far bene (stando alle opinioni dei vari esperti di moda ora).

martedì 14 settembre 2010

La saggezza dei bambini

Il nido è sempre una prova difficile per una mamma.
Anche nel caso in cui si sia convinte pienamente dell’ utilità di far stare i bimbi tra di loro, visto che imparano più volentieri dall’esempio dei più grandi e stasbiliscono dei contatti umani, lasciare un bimbo al nido non è mai una passeggiata.
 Nei 15 mesi di vita del mio bimbo ho provato l’esperienza dell’inserimento due volte, l’ultima un paio di settimane fa in occasione del cambio di nido del piccolo.
Sebbene fosse già abituato e ben inserito all’asilo precedente e non abbia avuto difficoltà nemmeno stavolta, non sono riuscita a rimanere indifferente.
Ogni volta che vedevo un altro bimbo scoppiare in tristezza e cercare la mamma, anche se le insegnanti si rivelano molto affettuose e facevano di tutto per consolarlo non riuscivo a fare a meno di sentirmi in colpa per il fatto che anche lui poteva trovarsi in quella situazione.
Nelle ore di allontanamento dei primi giorni controllavo il telefono continuamente per la paura che non si trovasse bene e dovessi correre a prenderlo.
Invece no. Lui si è inserito benissimo, ha trovato presto il suo ritmo nel nuovo ambiente.
Magari le mie preoccupazioni erano esagerate, dopo tutto lui conosceva già la vita del nido, però ho provato a mettermi nei suoi panni: cosa vuol dire per un bambino di poco più di un anno cambiare asilo, maestre amichetti?
Ho pensato a tutte le volte che ho cambiato scuola o lavoro e le difficoltà di inserimento dei primi tempi.. come si può chiedere a un bimbo così piccolo di affrontare un cambiamento che può essere difficile anche per un adulto?
I bambini al contrario di noi hanno maggiori capacità di adattamento, forse date anche dal fatto che non si sono costruiti ancora quei preconcetti che bloccano i grandi e non di meno hanno una saggezza profonda che si apre come uno squarcio di luce in alcuni momenti, tipo questi.
 Mi ricordo lo sguardo del mio bimbo che sembra rassicurarmi sul fatto che non mi devo preoccupare e che starà benone all’asilo.
 A volte non si capisce chi tra noi e loro sia l’adulto.

lunedì 13 settembre 2010

Consultori pediatrici: un aiuto prezioso

A dispetto dei luoghi comuni sul servizio pubblico (impersonale e addirittura scadente) con mia grande felicità e sorpresa ho scoperto che a Milano (precisamente nella mia zona, la 4) c’è un servizio che funziona molto bene, con serietà, precisione, infinito amore e umanità: il Consultorio Pediatrico.
Pochi giorni dopo il rientro a casa dall’ospedale, io e mio marito ci siamo recati al Centro Civico dove ha sede il Consultorio per vedere dove si trovavano gli uffici e gli orari.
Nonostante fossimo fuori orario di servizio, un’ infermiera che ci ha visto nel corridoio ci ha chiesto quali informazioni ci servivano e spontaneamente ci ha fatto accomodare.
Ci ha fatto un piccolo colloquio in cui ci ha spiegato il funzionamento e orari, preparato la scheda per il bimbo, dato informazioni sulle vaccinazioni e sui primi giorni a casa,  ascoltato e chiarito i nostri dubbi… tutto questo ripeto, di spontanea iniziativa e fuori orario… incredibile!
 Nel mese e mezzo seguente ci andavo una volta a settimana per pesare il piccolo e per chiarire tutti i piccoli dubbi che potevo avere sulla cura del bambino.
Il consultorio è attivo nella promozione dell’allattamento materno e sebbene non avessi particolari problemi mi hanno dato consigli e chiarito dubbi e ho visto con quale attenzione e dedizione venivano seguite le mamme che avevano bisogno di supporto.
Ancora oggi se ho un dubbio o ho bisogno di un consiglio, chiamo sicura di trovare risposte e supporto… per non dire che nonostante la mia frequentazione sia andata man mano calando nel tempo le infermiere mi riconoscono dalla voce!
Non vorrei sembrare sdolcinata, ma davvero il Consultorio di zona 4 mi è sembrata un’oasi nella spesso fredda burocrazia.
E’ un esempio molto bello e vivo di vera integrazione e di vero scambio, c’è molta l’umanità verso le mamme e verso i bambini, di tutte le classi sociali e di tutte le etnie.
Si fa tanto parlare di sostegno alle famiglie e poi nella pratica tutto rema contro: i prezzi delle case, la crisi, l’inquinamento, la scuola… Il consultorio per la prima volta mi è sembrato un luogo dove davvero la famiglia viene sostenuta e aiutata a crescere. In una città come Milano in cui la maggior parte delle persone viene da fuori e non può contare sull’aiuto della famiglia è importante poter avere un punto di riferimento a cui rivolgersi.
Parlando di Consultori finora ho sempre avuto pareri positivi e ciò significa che fortunatamente quello di zona 4 non è un caso isolato.
Consiglio a tutte le mamme di andare almeno una volta a vedere il proprio consultorio di zona e che questo servizio venga mantenuto dalle organizzazioni pubbliche e che gli venga sempre data la giusta importanza, in quanto luogo di integrazione, crescita e costruzione della società futura.

Consultori Pediatrici Milano

Consultori Pediatrici Milano

In questo sito potete cercare il Consultorio Pediatrico più vicino per la città di Milano

mercoledì 18 agosto 2010

Arrivati al punto: nascita e parto

C’è un’idea che prima o poi (o addirittura per tutta la gravidanza) preoccupa la donna e attorno a cui fioriscono le più disparate filosofie: il parto. 
Io ero quella del più-naturale-possibile-senza-medicalizzazione-preferibilmente-in-acqua-sicuramente-NO-CESAREO e indovinate un po’? Ho fatto un bel cesareo! 
L’idea non mi ha mai spaventato più di tanto: è una cosa che non si può evitare ed è del tutto fisiologica per cui tanto valeva affrontarla con coraggio.Preferivo concentrarmi sulla ricerca di come vivere il momento con la maggior serenità possibile e di come sfruttare al meglio le mie capacità psico-fisiche per l’occasione.
Spesso si è tanto abbagliate dalla paura del dolore da dimenticarsi che nel frattempo sta nascendo una persona e della sacralità di questo atto. 

Così ho fatto de Per una nascita senza violenza di Frédérick Leboyer il mio manifesto ed ero orgogliosa di aver scelto un ospedale in cui si osservavano i suggerimenti del libro e le ostetriche del corso pre-parto erano orientate nella stessa direzione. 
Immaginavo che quel giorno sarei stata agitata ed eccitata allo stesso tempo, che mio marito avrebbe tentato di tranquillizzarmi, che avrei messo a frutto le mie teorie di respirazione (o parto in acqua) e ne avrei provato con soddisfazione l’efficacia. 
Invece siamo andati in ospedale in tutta calma, con l’idea di essere rispediti a casa nel giro di mezz’ora per falso allarme.Dopo un monitoraggio prolungato da cui risultava sofferenza fetale la ginecologa decise di intervenire con il cesareo.

Mi ricordo le lacrime di rabbia per l’impossibilità di oppormi visto che in caso contrario poteva essere a rischio la vita di mio figlio.
Mi ricordo che ho tremato dall’attimo in cui mi hanno spogliato e trasferito in sala operatoria fino a molto tempo dopo che tutto era finito.
 Pur nella felicità del mio bimbo sano e bello, per molto tempo ho coltivato la delusione e il rimpianto di essermi arresa subito (nonostante fossi conscia della necessità dell’intervento).

Per molto tempo ho invidiato le mamme che avevano avuto un parto naturale, mi sentivo come derubata di un passaggio importante, come se la mia gravidanza fosse stata interrotta e improvvisamente mi fosse piovuto un bimbo dal cielo.
 Mi ci è voluto un po’ ad elaborare tutto questo ma alla fine ho realizzato che tutta questa delusione derivava dal dover rinunciare a tutte le convinzioni che avevo costruito nei mesi precedenti.

 Resto sempre convinta che il parto debba essere naturale e non medicalizzato.
Che se alla donna è stata data la capacità di partorire le è stato dato anche un corpo adatto a farlo.
Che il taglio cesareo non debba essere praticato alla leggera ma solo in caso di effettiva necessità.
Che mi sono persa sicuramente la possibilità di vivere in modo più consapevole la nascita del mio bambino essendo stata colta di sorpresa… ma quel che stato è stato e ciò che conta ora è l’affetto, la dedizione e la consapevolezza che cerco il più possibile di mettere nel rapporto con lui.

mercoledì 11 agosto 2010

Un’esperienza speciale 2

Gravidanza e allattamento sono anche momenti in cui una donna in un certo senso si riappropria del proprio corpo.
Personalmente, dall’adolescenza ho sempre avuto un rapporto conflittuale con il mio aspetto, non mi sono mai piaciuta troppo e nonostante ciò non sono mai riuscita a prendere serie iniziative per migliorarmi.
Durante la gravidanza invece il tabù del kg di troppo e della rotondità è venuto a cadere immediatamente.
Ero talmente eccitata dall’idea di conoscere questo bimbo e averlo tra le braccia che la mia mente non aveva spazio per preoccuparmi dell’eventualità di rovinare la mia figura.
…Anzi non vedevo l’ora di vedere la pancia gonfiarsi piano piano.
Invece con mia grande sorpresa, la pancia e i primi kg in più si sono fatti attendere fino al 5 mese e il flusso ormonale in corso ha giocato come demoltiplicatore del peso, morale della favola: sono dimagrita per effetto della gravidanza e sono uscita dall’ospedale più in forma rispetto a prima di restare incinta.
Al di là dei motivi chimico-fisici del fenomeno credo che gran parte del merito sia dovuto al fatto che ero finalmente riuscita a fare pace con me stessa e meno mi preoccupavo del mio aspetto privilegiando lo sviluppo della mia interiorità, più anche il mio fisico ne beneficiava.
Come se ci fosse una specie di relazione simile a quella dei vasi comunicanti tra spirito e corpo, l’evoluzione di uno si riflette nell’altro.
Del resto spesso ci dimentichiamo che siamo corpo e spirito e che queste due entità non esistono l’una senza l’altra.
Oltre a sentirmi più a mio agio nel mio corpo, si è rivoluzionato anche il mio concetto di pudore: sebbene in generale mi possa sentire in imbarazzo all’ idea di mostrare il seno, mi sento completamente tranquilla se è necessario farlo perché il mio piccolo chiede latte.
Preferisco comunque allattare in privato non tanto per evitare di mostrare il seno quanto per preservare l’intimità che si viene a creare tra madre e figlio in quell’istante di scambio e di affetto profondo.
Quello che era pudore legato alla corporeità e alla vergogna di quest’ultima si è trasformato quindi in rispetto  del dialogo e del contatto profondo con il mio bambino.
Sono sicura che questa crescita interiore ed esteriore sia stata provata più o meno consapevolmente e in modo più o meno marcato da ogni mamma e mi farebbe piacere confrontare altre esperienze simili.

mercoledì 4 agosto 2010

Un’esperienza speciale 1

Parlando di donne ci si trova spesso di fronte all’eterno dilemma: “La maternità è un’esperienza indispensabile?”.
Su questo argomento in genere viene facile schierarsi agli estremi dell’ “assolutamente la vita non avrebbe senso senza figli” o del “una donna non è solo uno strumento di procreazione” ma non è questo che mi interessa discutere.
Vorrei invece esprimere quello che per me ha significato vivere questi momenti e quali spunti e quale inaspettato arricchimento ho ricevuto.
L’unicità della gravidanza e della maternità risiedono nel loro potere di amplificare la sensibilità della donna creando un canale più profondo con la propria spiritualità e il terreno giusto per intraprendere un percorsi di crescita personale.
Durante la gravidanza, ma soprattutto dopo la nascita del bambino, si torna a contatto con la propria infanzia. Si ha una seconda opportunità di vivere la simbiosi tra madre e figlio (stavolta come madre) ed uno dei lavori che si possono iniziare è quello biografico.
Con il lavoro biografico si ripercorrono tutti gli anni della propria vita alla ricerca di eventi importanti che possono aver influenzato ciò che siamo oggi e riconoscere il fil rouge della nostra esistenza.
E’ possibile capire la nostra direzione nella vita, il motivo per cui si tende a rivivere “sempre alle stesse situazioni” e con tale coscienza si può  lavorare su di sé per correggere i copioni in cui rimaniamo intrappolati.
La presenza del neonato rende tutto più facile perché i nostri genitori o le persone che ci hanno visto crescere sono portate a raccontarci di noi da piccoli e aiutano a far riaffiorare ricordi e situazioni.
Quindi in un certo senso il lavoro di biografia si viene sempre a creare che ce ne accorgiamo o meno!
(Questo è vero non solo per la mamma ma per tutte le persone coinvolte: papà, nonni, zii,..).
Un altro fenomeno interessante che nasce spontaneo è la rappresentazione di quello che Bert Hellinger ha chiamato costellazioni familiari.
In modo naturale prendono vita episodi o situazioni della nostro bagaglio familiare in cui però i personaggi del nostro ricordo sono impersonati da attori diversi (ad es. il bimbo nel ruolo di uno zio e la nonna nel ruolo della madre).
Il valore straordinario di questi eventi sta nel fatto che ci dà modo di tornare indietro nel tempo e correggere situazioni in cui ci si sarebbe voluti comportare in modo diverso o di esprimere cose che non abbiamo detto.
La tematica è molto ampia, penso che ci tornerò in un post specifico.
Queste esperienze servono solo a dare l’avvio a questo tipo di lavori e a mantenerci in ascolto, per poter sistemare i nostri nodi vitali ci vuole ovviamente tempo e costanza.
Io stessa ho ancora molta strada da percorrere in questo senso ma senza dubbio la sensibilità risvegliata in me dall’essere diventata mamma mi ha dato una motivazione molto forte.

Costellazionifamiliari.it

Costellazionifamiliari.it

In questo sito trovate una descrizione di cos’è e come si svolge la rappresentazione delle costellazioni familiari

Lavoro di biografia

Lavoro di biografia

In questo sito trovate una descrizione di cosa è e come si svolge il lavoro biografico

martedì 3 agosto 2010

mercoledì 28 luglio 2010

Istruzioni per l'uso? No grazie!

I bambini non nascono con il libretto delle istruzioni, è vero ed è molto meglio così, ma se proprio vogliamo dirla tutta nascono con qualcosa di meglio: il pilota automatico, ovvero l’istinto.
 E secondo la mia breve esperienza (sono “nata” mamma da poco più di un anno) devo dire che nessun manuale, pediatra, pedagogista o altro eminente luminare sappia dare risposte e soluzioni più appropriate, complete e soddisfacenti di quelle che nascono dall’osservazione del proprio bambino e dall’ascolto della propria voce interiore.
Ovviamente il dubbio è sempre dietro l’angolo e a volte mi capita mettere in discussione alcune scelte fatte ma mi sono accorta che spesso questi riflessioni sono dettate più dal condizionamento culturale sulla cura dei figli imposto dalla nostra società che non da vera inadeguatezza.
In occasione di una delle mie ultime “revisioni” mi è capitato di leggere un meraviglioso testo del pediatra spagnolo Carlos Gonzales: Besame Mucho.
Questo libro mi ha rinfrancato su alcuni idee che seguivo istintivamente nella cura del mio bimbo e soprattutto mi ha aperto gli occhi sul fatto che una mamma sa sempre come agire per il bene del suo bimbo.
…Ed è stato questo libro che mi ha dato l’ispirazione (per non dire il coraggio) di dare vita a questo blog che non vuole essere un manuale per neo-mamme (lontano da me i “manuali” e i “metodi” per carità!!) ma solo un luogo per appuntare le mie idee e i passi fatti giorno per giorno nella crescita sia del mio bimbo e che mia personale.

Perché mamma non si nasce e non si diventa… per essere più precisi si cresce perché i bambini imparano da noi a conoscere il mondo e noi impariamo da loro l’ essenza della vita.